Nascono rose e viole
nello spoglio giardino
della dimenticata giovinezza;
come nel vuoto un frullio alato e nuovo,
l’attesa palpitante
dei miei giorni migliori.
E s’alza il rampicante gelsomino
dal mio cuore stellato;
ma non è primavera, non ancora:
forse un annuncio timido di quiete,
di un cadere più dolce delle cose
intorno risvegliate
dal magico apparire
di ciò che vive e regna
nel gelo che mi stringe
e tenero s’incarna
Tiepido sole apre le cento stanze
dell’ assonnato chiudermi in me stessa
dove si attarda ancora cupo il tuono
e s’alza il vento nell’eterna lotta
che scioglie la tristezza;
come nuvola bianca la sfilaccia
evanescente, ora da me lontana.
Penso al futuro e temo ancora l’ombra:
mi angustia che ritorni.
Marisa Cossu
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.